lunedì 8 giugno 2020

CONSANGUINEI E AFFINITÀ (antropologia)

 La parentela consiste in un insieme di relazioni tra gruppi ed individui che hanno una base biologica quanto culturale. l'importanza di queste relazioni nella vita delle società umane è fondamentale. la parentela un insieme di relazioni che legano gli individui tra loro. la parentela di consanguineità e di affinità sono regolamentati da norme e codici non importa se scritti o tramandati per via orale.
Tutte le culture hanno un'idea dei legami che intercorrono tra un genitore e i suoi figli o tra figli di una coppia,  ma queste idee variano,  perché impiegano differenti concezioni riguardanti il concepimento, la formazione e la crescita, e persino all'autorità che genitori esercitano sui loro figli.
C'è in tutte le società un complesso di idee e relativi ai rapporti tra gli esseri umani, idee che corrispondono a concezioni del concepimento, della formazione e della identità sociale degli individui. 
un altro aspetto importante della parentela è la connessione col mondo religioso. i bambini che nascono spesso sono sottoposti a dei riti religiosi che ne dichiarano l'appartenenza a una comunità di Fedeli.  Quindi la parentela e anche un complesso di relazioni che coinvolge altri aspetti della vita sociale.


 (diagrammi di parentela)

 Vengono  tracciati dei diagrammi per descrivere i gradi di parentela. alla base del diagramma ego è l'individuo dal punto di vista del quale il diagramma deve essere letto.  i parenti consanguinei sono in colore nero.  mentre quelli bianchi sono i  parenti acquisiti Di ego. 
In alcune culture la sorella della madre viene chiamata madre, gli antropologi hanno studiato un sistema per indicare i parenti dell'individuo in modo neutro,  rispettando ogni cultura. 

LA PERSONA (antropologia) 

Tutte le culture distinguono l'essere umano da oggetti o altri esseri viventi.
Per esempio alcuni popoli dell'Africa occidentale i quali ritengono che le madri possano trasmettere ai figli in maniera non intenzionale certi poteri occulti.
Invece in Melanesia, nelle isole Trobriand, i neonati sono considerati reincarnazioni degli spiriti dei defunti appartenenti al gruppo della madre. Presso alcune popolazioni del Nepal si ritiene che un individuo non prenda forma nel ventre della madre ma nella testa del padre che, dopo un certo periodo, lo 'depone' con lo sperma nel ventre della donna.
Sono esempi 'esotici' di come può essere concepita la natura di una persona. Anche in Occidente vi sono modi diversi di considerare i criteri che definiscono una persona e ciò che essa è.
Una "persona" è una creazione sociale, frutto di determinate concezione e dei valori che una certa cultura ha elaborato attorno all'individuo.
La nozione di "persona" ha costituito un importante banco di prova per quegli studiosi che si sono impegnati nello studio delle cosmologie e dei sistemi di pensiero "primitivi". Infatti, ciò che noi chiamiamo «persona» si presenta ovunque come un insieme di elementi costitutivi, di natura tanto fisica quanto spirituale, dotati di una certa capacità di integrazione' reciproca. 

domenica 7 giugno 2020

DAI CAMPI DI STERMINIO ALLE SOCIETÀ DI OGGI (psicologia)

Le diverse prospettive di indagine del comportamento malvagio mettono in evidenza la complessità e la difficoltà del rapporto con l'Altro che caratterizza la specie umana. Ai nostri giorni questa problematicità si esprime in forme non meno drammatiche di quelle del passato ed è particolarmente visibile quando entrano in gioco appartenenze culturali diverse. Lo straniero, l'Altro etnicamente, culturalmente e psicologicamente tanto differente da noi, suscita emozioni, pensieri e azioni che invece di andare nella direzione di una pacifica e costruttiva convivenza scatenano conflitti e reazioni ostili.
Tra i temi principali di analisi spiccano, oltre a quelli già consolidati sul pre-giudizio, quelli sulle incompatibilità tra le culture occidentali ed extraco-munitarie; per esempio, la concezione del tempo (efficientistica o religiosa), il modo di vivere gli spazi pubblici (funzionale alle attività o alla socializza-zione), la concezione del sapere (laddove il primato della scolarizzazione si oppone a quello della cultura orale e dello scambio intergenerazionale). Altrettanto rilevanti sono gli studi.che tracciano un profilo della città multi-culturale come un luogo di non-incontri.
Tra le modalità di questo "non-incontro", Bauman sottolinea l'evitamento del contatto visivo, il vedere senza guardare o il gettare un'occhiata superficiale in modo da non attivare alcuna comunicazione.
Secondo Baudrillard sembra che non si possa fare a meno di produrre l'Altro, un gruppo, una categoria, una diversità qualunque, proprio perché si nega la sua irriducibilità. Come dire che non potendo cancellare l'Altro dalla nostra vita e dal nostro spazio mentale lo si produce a oltranza con le categorie del pensiero fino a desensibilizzarsi.

LE SPIEGAZIONI PSICOLOGICHE DELLA SHOAH E DEL TOTALITARISMO (psicologia)

La psicologia ha cercato di capire i meccanismi psicologici sottesi a quei comportamenti.
La prospettiva, di tipo "situazionale", espressa da Zygmunt Bauman ed elaborata, come le altre teorie fin qui analizzate, a partire dagli anni Cinquanta.
Vennero effettuati degli studi studi affrontano il tema da da una diversa prospettiva e sottolineano come la tendenza al consenso e l'obbedienza all'autorità derivino dalla costruzione sociale di una personalità tendente alla sottomissione alle persone forti e alla brutalità nei confronti dei deboli.
La Shoah non è interpretata come la conseguenza di comportamenti psicopatologici da parte di un gruppo di individui, ma si preferisce evidenziare altri fattori, come la struttura e l' organizzazione della società, i meccanismi di interazione e di influenza sociale funzionali al raggiungimento di finalità economiche e politiche. Un elemento analizzato è, per esempio, l'esclusione morale: attraverso la propaganda, gli ebrei (e con loro anche altre categorie etniche e sociali, come gli zingari, gli omosessuali, i comunisti) furono denigrati e considerati come responsabili dei mali della Germania, meritevoli dunque di essere esclusi dalla società tedesca.
Essi furono emarginati dal mondo sociale attraverso l'esclusione dalla scuola, dal lavoro, dai vari settori della vita collettiva; successivamente furono imprigionati e rinchiusi nei campi di concentramento dove finirono per non essere più soggetti psicosociali: prima di essere uccisi venivano infatti annientati dal punto di vista umano, attraverso forme estreme di degradazione e deumanizzazione. 
I burocrati implicati nel processo di distruzione si difesero spiegando che avevano semplicemente obbedito agli ordini: si era attivato un meccanismo di deindividuazione e conseguente deresponsabilizzazione individuale; l'obiettivo era quello di svolgere bene il proprio compito, obbedendo all'autorità alla quale si attribuita la responsabilità di ciò che stava accadendo.
Secondo Fromm, alla base del consenso al totalitarismo sta una forma anziché psicologica che egli chiama carattere autoritario, caratterizzata da componenti sadomasochistiche. Le tendenze masochistiche si m"anifestano attraverso sentimenti di inferiorità e di impotenza e attraverso comportamenti atti a sottomettersi ad altri. Le tendenze sadiche si esprimono, secondo Fromm, in tre tipi di atteggiamenti:  rendere gli altri dipendenti da noi (e avere potere su di loro); dominare gli altri per sfruttarli e usarli e  desiderare di far soffrire o di veder soffrire. Le tendenze sadiche sono spesso nascoste dietro una facciata di razionalità: "ti domino perché so ciò che è meglio per te; ... ho fatto tanto per te e ora ho il diritto di avere da te quello che voglio".
Gli studi di Reich hanno individuato specifiche caratteristiche di personalità funzionale agli obiettivi sociali del loro tempo e ne hanno messo in luce l'origine nel condizionamento sociale attraverso i processi di educazione-socializzazione. L'attenzione e l'evidenziazione dei fattori di influenza sociale,  non sono ancora presenti in queste teorie, ma si svilupperanno, dopo gli anni Cinquanta.

IMMANUEL KANT (pedagogia)


Immanuel Kant è stato un filosofo tedesco. È considerato uno dei più importanti filosofi del pensiero occidentale. Fu il più significativo esponente dell'Illuminismo tedesco, anticipatore degli elementi basilari della filosofia idealistica e di gran parte di quella successiva.

Le teorie educative di Kant poggiano sul suo complesso impianto filosofico delineato in maniera approfondita nelle tre critiche.
Nelle sue opere il fisso filosofo aveva sottolineato il valore dell’attività conoscitiva dell’individuo. Egli affermava, infatti, che il mondo non è una realtà preordinata che si impone al nostro intelletto, ma è ordinato dall'attività di originaria del soggetto, ovvero dal suo pensiero. Tale convenzione portato a canta a collocare nell'esperienza l’origine dell’attività cognitiva, aderendo, seppure indirettamente, alle conclusioni del sensismo.
L’obiettivo dell’educazione, è l’acquisizione della capacità da parte della ragione di fare da guida al comportamento, traendo da essa e la legge e la forma da cui dipende il valore morale di ogni atto, indipendentemente dalle circostanze in cui viene compiuto.Tutto deve concorrere alla realizzazione della cultura dell’animo, che coincide con la componente fisica e fisiologica delle facoltà intellettuali e spirituali. 
Successivamente Kant distingue la cultura generale in fisica= che a che fare con l’attività intellettuale e determina lo sviluppo dell’intelletto per mezzo della riflessione, della ricerca della verità e dell’insegnamento e morale= relativa alla sfera etico-morale proprio propriamente detta. A proposito dell’insegnamento egli sottolineava il valore dell’attività conoscitiva diretta da parte del soggetto, chiamato a divenire responsabile delle proprie scelte e azioni. Non a caso, infatti, suggeriva agli insegnamenti di adottare nelle loro lezioni il metodo socratico, basato sull'interazione continua tra docente e allievo, preferendolo al tradizionale metodo meccanico-catechetico, basato sulla successione di domande e risposte a opera del maestro, utile solo ad allenare la memoria e valido esclusivamente per le materie nozionistiche.

IL CORPO (antropologia)

Il corpo è una specie di 'mediatore' tra noi, la nostra coscienza e il mondo, un mezzo attraverso il quale entriamo in relazione con l'ambiente che ci circonda. Noi comprendiamo il mondo che ci circonda perché il nostro corpo è stato esposto fin dalla nascita alle 'regolarità' di quel mondo.
Alcuni atteggiamenti derivano da una conoscenza incorporata: ossia da una conoscenza che si è depositata nel nostro corpo attraverso il rapporto vitale con l'ambiente sociale e culturale.
Pierre Bourdieu (1930-2002) ha chiamato habitus, cioè il complesso degli atteggiamenti psicofisici mediante i quali gli esseri umani «stanno nel mondo».  Il nostro «stare nel mondo» è uno «stare» di natura sociale e culturale, non naturale, per cui il nostro habitus varia tanto sulla base delle nostre particolari caratteristiche psicofisiche quanto a seconda dei modelli di comportamento e delle rappresentazioni che noi assimiliamo in quanto individui facenti parte di una determinata cultura di una determinata classe sociale, di un certo gruppo professionale, a seconda che noi siamo donne oppure uomini ecc..



Le emozioni e i sentimenti (paura, gioia, amore, rabbia ecc.), proprio perché vengono espressi prevalentemente attraverso il corpo (pianto, riso, depressione, euforia ecc.), sono 'incanalati da quest'ultimo secondo modelli culturali inconsapevolmente appresi, cioè incorporati.

LA QUESTIONE DELL'IDENTITÀ (antropologia)

Con il termine «mondo», non si deve intendere la natura ma il mondo delle relazioni umane. Da sempre, ogni essere umano cerca di comprendere tanto la dimensione del quanto quella dell'Altro, del 'diverso da sé'. Sé e Altro sono due espressioni che vengono usate in riferimento sia a soggetti individuali sia a soggetti collettivi.
Le distinzioni riguardano il modo in cui individui e gruppi hanno concepito, in maniera molto generale, la propria relazione con l'identità e l'altra. Infatti il problema è sapere "chi siamo noi"e chi invece "sono loro" o "quegli altri. 
Si prende dunque in considerazione il tema dell'identità e dell'alterità in genera e, per portare ad affrontare la questione di come questo tema si riproduca, in tutte e società,  a un livello sia individuale sia collettivo.
L'idea di far parte di un Sé collettivo, di un 'Noi' (una cultura, una 'tribù', una ~nazione, una confessione religiosa, una casta, una famiglia, una tifoseria ecc.), si realizza attraverso comportamenti e rappresentazioni che contribuiscono a tracciare dei confini, delle frontiere nei confronti degli altri.
L'idea di appartenere a un Sé collettivo e quella di essere ciò che siamo come individui rinviano entrambe alla nozione di identità.
Più gli umani vivono in ambienti concorrenziali e conflittuali, e quindi quanto più le loro certezze sono minacciate, tanto più si sviluppa la "retorica dell'identità", che consiste in discorsi e atteggiamenti che tendono ad accentuare la differenza, il conflitto, la chiusura nei confronti degli altri.

LA FORMAZIONE DELL'IDENTITÀ PERSONALE (sociologia)

I processi di socializzazione mettono l'individuo in grado d'interagire e relazionarsi con le altre persone e la complessità del mondo sociale. 
 La conquista di un'identità sociale è strettamente collegata alla formazione e alla strutturazione di un'identità personale, che diviene, di fatto, uno degli scopi primari della socializzazione
Fra questi processi un posto rilevante spetta alle attività e alle interazioni sociali. 





Da questo punto di vista anche l'identità personale va considerata come un prodotto sociale, come il risultato, tra le altre cose, di una pluralità di relazioni con gli altri e dell'interiorizzazione delle norme, dei valori, delle abilità, delle aspettative tipici della cultura in cui si nasce e in cui si è inseriti. Nel processo di socializzazione di un individuo identità sociale e personale sono strettamente correlate. George Herbert Mead, uno dei più noti esponenti della Scuola di Chicago, ha evidenziato, basandosi sull'evoluzione delle forme di gioco nei bambini, le principali fasi del processo di strutturazione dell'identità personale, e ha fatto emergere in tal modo l'importanza che ha in essa l'interiorizzazione della struttura sociale dei ruoli e delle posizioni, ossia di ciò che lui chiama l"'altro generalizzato". In un primo momento il bambino non gioca in senso vero e proprio, ma "imita" il comportamento dell'altro, generalmente di un adulto, il che può avvenire anche senza una piena comprensione di ciò che l'altro fa, come quando il bambino imita la madre che passa l'aspirapolvere senza capire che quell'azione serve per pulire la casa. In un secondo momento si dedica invece al cosiddetto "gioco libero", cioè a un tipo di gioco privo di regole definite e molto semplice, attraverso cui egli impara ad assumere il ruolo degli altri. 
Un'altra fase è caratterizzata dal "gioco organizzato", il bambino impara a riconoscere i ruoli e le regole indipendentemente dalle persone che li esercitano.
Quando il bimbo giunge a interiorizzare nella propria coscienza le aspettative sociali, si può dire che abbia portato a compimento una primaria strutturazione della propria identità personale.

venerdì 5 giugno 2020

IL DIBATTITO DELL'ISTRUZIONE POPOLARE (pedagogia)


La focalizzazione sull’istruzione popolare riflette la generale convinzione che l’istruzione rappresenti il più potente strumento di cambiamento sociale e politice che ogni cambiamento non accompagnato dall’istruzione popolare sarebbe stato effimero.Nell’eredità di questo dibattito possono essere rintracciate le origini della modernità politica e della scuola repubblicana.Per disporre di una visione ad ampio raggio del dibattito circa i metodi e le finalità dell’educazione è necessario considerare il nuovo modo di concepire l’uomo e la sua educabilità. Le ricadute si manifestarono non solo a livello politico-sociale ma pure pedagogico- culturale, segnando anche in questo campo una decisa rottura con la tradizione religioso-caritativa dei secoli precedentiSe l’Illuminismo ebbe certamente un ruolo di primo piano nel promuovere la diffusione dell’istruzione popolare le posizioni dei singoli pensatori su opportunità e sul sulle finalità di fare a accedere i ceti popolari alle istruzioni furono piuttosto ambigue e talora incoerenti.L’istruzione popolare era considerata un valore da economisti quali Robert Turgot e Adam Smith che ritenevano la diffusione dell'istruzione elementare una valida garanzia per l’ordine sociale e soprattutto un un efficace mezzo per accrescere la qualità e la quantità della produzione del paese.
E nota, infatti, la fiducia degli illuministi del nella regione, considerata come lo strumento cognitivo per eccellenza, in grado non solo di guidare l’uomo nella scoperta della realtà, ma anche di scegliere coscientemente ciò che buono e conveniente. Per questo, l’intelletto andava esercitato, allenato alla criticità, in modo che l’individuo potesse partecipare attivamente all'opinione pubblica, unico antidoto al potere assolutistico. Nella società dell’epoca, tuttavia, rimaneva vivo il pregiudizio, condiviso da alcuni philosophes, che l’istruzione alimentasse anche nei ceti più umili velleità di ascesa sociale, con il conseguente abbandono di quelle professioni manuali che sostenevano l’economia dell’antico regime. Per questo motivo il potere politico era invitato a procedere con cautela nella diffusione dell’istruzione popolare, per evitare traumatiche rotture degli assetti sociali.
Denis Diderot si sosteneva che “un contadino che sa leggere scrivere può essere oppresso più difficilmente di un altro” e per questo invitava i legislatori a “fare in modo che la professione sia abbastanza tranquilla e stimata da non essere abbandonata”.

I MECCANISMI DELLA SOCIALIZZAZIONE (sociologia)

In passato spesso si sono contrapposte le influenze genetiche e quelle ambientali, interpretando la socializzazione ora prevalentemente come l'effetto delle interazioni sociali.
Alla base del processo di socializzazione vi è un intreccio inscindibile di entrambi aspetti, che non possono essere disgiunti o isolati se si  vuol comprendere come esso si attivi e in quale modo funzioni.
Meccanismi biologici: gli individui riescono ad apprendere tanto più facilmente quanto più sono intelligenti. Ma tra i meccanismi biologici vanno annoverate anche le predisposizioni innate ad apprendere, cioè condizioni genetiche che sono il presupposto perché l'individuo possa imparare a compiere determinate operazioni complesse.
I meccanismi biologici di socializzazione devono accompagnarsi all'interazione con altri individui per poter essere attivi.
Meccanismi culturali: questi meccanismi agiscono sempre e solo in maniera congiunta , sia tra di loro che con fattori innati.
Le ricompense e le punizioni vengono usate come strumenti di controllo sociale e rappresentano una modalità semplice  e diffusa di socializzazione, basata sull'osservazione che rinforzando un certo comportamento il bambino, tenderà a ripeterlo, mentre punendolo egli tenderà a tralasciarlo.
Il socializzante e il socializzato interagiscono reciprocamente, modificando quindi volta per volta e caso per caso le modalità della socializzazione.
L'imitazione è il meccanismo con cui il bambino tende a riprodurre certi comportamenti o certi atteggiamenti di persone per lui particolarmente significative, si tratta solitamente di persone con cui ha un forte legame affettivo.

LA SOCIALIZZAZIONE (sociologia)

Il mondo in cui ogni essere umano nasce è un mondo fatto di relazioni sociali già esistenti e già strutturate in un mondo certo.
Senza una forma di "conoscenza sociale" la vita in società non sarebbe possibile.
La società non è una realtà semplice e omogenea, ma un insieme variegato e complesso di norme, ruoli e aspettative sociali, di posizioni differenziate e il più delle volte strutturate in maniera gerarchica.
Per inserirsi in una società, ogni individuo deve apprendere le regole e ciò ha un risvolto anche dal lato della collettività.
I nuovi arrivati in una società devono imparare a conoscere la lingua che vi si parla, le abitudini comuni, le leggi dello Stato, i valori condivisi.
Esiste però un "nocciolo" comune di conoscenze, di regole, di norme, di abilità sociali di base e di abilità sociali specifiche che abbiamo ereditato e che assicurano una certa stabilità e prevedibilità della nostra vita.
Processo di socializzazione= si tratta di un processo molto simile a quello dell'educazione , ma che coinvolge ogni momento dell'esistenza di tutti i membri della società, anche se con modalità diverse nelle diverse fasi della vita.
In sociologia per "socializzazione" s'intende l'atto d'interesse delle relazioni con altre persone, ma il processo con cui si acquista padronanza dei modelli di comportamento e della geografia delle posizioni sociali di una data società.
Se la socializzazione è un processo tipico di tutte le società, i contenuti invece variano da cultura a cultura (insieme norme, linguaggio, abilità, conoscenze, atteggiamenti ecc..)